4. Attualità e crisi del celibato nel mondo contemporaneo
A un secolo di distanza dalla crisi del celibato a opera dell’illuminismo culturale dell’Ottocento, giudicata e condannata dal grande Möhler, ci viene ancora dalla Germania la difesa teologica del celibato e la diagnosi scientifica della sua crisi provocata da una società edonistica e da una cultura antropologica di cui si è fatta succube la nuova teologia e resa cedevole qualche parte della stessa gerarchia. L’analisi del grave fenomeno è sia esistenziale sia teologica.1
La crisi del celibato nella Chiesa contemporanea è un fatto indiscutibile di cui si è impadronita spesso anche la stampa laica e che ricorre di frequente nella cronaca dei giornali e dei settimanali. Leggiamo, scrive il May, di preti che depongono il loro ufficio e abbandonano la loro comunità. Si organizzano votazioni sul celibato. È sorto un regolare movimento anticelibato che chiede la soppressione della legge del celibato. Soprattutto in Olanda la situazione è molto avanzata. Qual è il significato del fenomeno? Secondo il May, non si tratta affatto di una faccenda (Angelegenheit) intellettuale; esso non sorge per una fondazione insufficiente della legge del celibato. Coloro che trovano insufficiente la legge del celibato sono di regola gli stessi che spesso agiscono per impulsi irrazionali e si lasciano condurre dalle tendenze. La fondazione del celibato è completamente (vollauf) sufficiente per coloro che sono pronti e disposti al sacrificio. Chi non vuole, non trova alcun sufficiente fondamento né nella Humanae vitae né nella Sacerdotii caelibatus. La presente crisi del celibato ha varie radici, alcune nella chiesa e altre fuori della Chiesa: ecco le principali.
a) Contestazione dei valori. Il primo dato di fatto della situazione è che valori elevati ed esigenti sono sempre più combattuti e semplici, di poco prezzo. I nemici del celibato l’hanno sempre ammesso, fuori e dentro la Chiesa. Dentro la Chiesa certamente di solito non osano uscire allo sbaraglio. Essi vengono allo scoperto solo quando l’autorità dei Pastori si indebolisce e lo spirito del tempo (Zeitgeist) viene loro in aiuto. Anche all’inizio del secolo diciannovesimo, ricorda il May, ci fu la bufera anticelibato, specialmente nel Baden e nel Würtemberg. Gli avversari del celibato nel clero erano i seguaci di una teologia illuministica. I suoi promotori (Förderer) erano liberali protestanti.
b) Insicurezza nella fede. La prima causa della crisi del celibato è l’insicurezza della fede che ha colpito oggi una vasta zona di clero e popolo. Essa si alimenta di posizioni non cattoliche in parte radicalmente incredule di certi teologi rinomati la cui diffusione è realizzata da un esercito molto attivo di operatori di pubblicità. La campagna di denigrazione del sacerdozio da parte di certi teologi ha tolto a molti preti la coscienza della dignità e del valore del sacerdozio. Se il sacerdozio, come affermano falsamente questi teologi, è una vocazione come qualsiasi altra, allora in realtà non si vede perché non si debba «cambiare» quando a qualcuno questo «giogo» più non piace. Quando l’assolutezza della fede cattolica più non sta salda, non ci sarà più un numero notevole di uomini e donne a fare il sacrificio che li eleva essenzialmente al di sopra della misura ordinaria nelle altre denominazioni cristiane. Il grande sacrificio della vita celibataria sta o cade con il carattere della Chiesa cattolica come l’unica vera Chiesa di Gesù Cristo. Più si alimenta l’apparenza (con un concetto di ecumenismo indiscriminato) che le confessioni non cattoliche stiano più o meno alla pari con la Chiesa cattolica, più diventerà incomprensibile perché si debba esigere dal prete un sacrificio che quelle non conoscono. Il prete cattolico può e vuole sacrificarsi ‑ e la completa astensione sessuale è sacrificio ‑ soltanto per una causa assoluta. Né per una cristeità generica né per una Chiesa che è equiparata alle altre comunità religiose si troveranno uomini che fanno il sacrificio.
La distruzione della fede oggettiva (del contenuto della fede) trascina la fede soggettiva nel compromesso. L’appello per la soppressione del celibato nasce dalla mancanza di fede nella potenza della grazia. Non si ha più fiducia nella grazia di Dio che può dare il volere e il realizzare.
c) Trascuratezza della preghiera. Un’altra causa delle proteste contro il celibato è la trascuratezza della preghiera. La Chiesa ha ridotto notevolmente la recita del Breviario per il clero, probabilmente per l’eccesso di lavoro dei preti in cura d’anime. Io dubito della consistenza di questa motivazione. In base alla mia esperienza e osservazione ognuno trova il tempo per fare tutto ciò che vuole. La riduzione della doverosa recita del Breviario non ha avuto come effetto che il Breviario sia recitato con maggiore devozione o che la parte tolta venga sostituita con altre preghiere. Al contrario, il Breviario ridotto oggi è recitato alla stregua del Breviario intero di dieci anni fa.
Uguale trascuratezza si osserva nelle altre preghiere. La recita del rosario è da molti disprezzata e resa spregevole dai predicatori. La meditazione è a mal partito. La visita del Santissimo Sacramento è in ribasso. La devozione alla Madonna è in molti ormai spenta. La confessione frequente, prescritta dalla Chiesa, è da non pochi sottovalutata. Con un simile regresso di vita spirituale è ovvio che il voto della vita verginale sia in crisi e la carne si ribelli. La caduta del celibato coincide anche con la decadenza degli Esercizi spirituali.
d) Incomprensione per l’autoabnegazione. Viene a mancare inoltre la comprensione per l’ascesi. Dominio di sé, moderazione, rinunzia sono termini, così sembra, scomparsi dal vocabolario dei progressisti. Ci si vuol scapricciare, godere la vita, il più presto possibile, il più frequentemente possibile, il più a lungo possibile. La rinunzia e l’astinenza sono prese in giro, la castità verginale e la purezza di coscienza sono deprezzate. La generale sessualizzazione della vita spinge i troppi giovani a esperienze erotiche precoci e sbarra loro quindi la via al sacerdozio. La storia ci insegna de la dissoluzione del matrimonio e la corruzione dei costumi portano spesso in molti modi al disprezzo del celibato. Un siffatto clima non è per nulla favorevole all’invito per la completa astinenza sessuale. Chi lo accetta, deve imporsi contro preconcetti, opposizioni, diffamazioni.
A questo aggiungi che l’astinenza dall’attività sessuale non può stare isolata. Essa deve piuttosto essere inglobata in una condotta che sia pronta alla rinuncia anche in altri campi. Non ci si può del resto permettere tutto, quando per amore di Dio e dei fratelli si è rinunziato al matrimonio.
La volontà di condurre una vita sufficiente e di astenersi dai vizi è completamente in ribasso. Accenniamo a un punto soltanto. Famiglie numerose e aumento delle vocazioni si corrispondono. Dove c’è la volontà di vivere il matrimonio secondo le leggi di Dio e di avere una famiglia numerosa, ci sono anche a sufficienza giovani e ragazze che mostrano la forza di offrire un libero celibato per amore di Dio. Ma la gioia delle famiglie numerose è diminuita negli ultimi anni in modo spaventoso. Se scompare lo spirito di sacrificio nelle famiglie, esso mancherà di regola anche nei figli. Il sacrificio del celibato sembra a essi troppo pesante. Si portano ragioni apparenti per nascondere il timore del sacrificio. Infatti non si osa confessare a se stessi e agli altri la propria debolezza. Il crescente timore di avere una famiglia numerosa, di cui è responsabile in parte la teologia progressista che fa propaganda dei metodi contraccettivi contro natura, renderà sempre più raro il caso che una sorella zitella prenda cura della casa del fratello sacerdote.
e) L’attività del movimento anticelibatario. La crisi del celibato ha in parte notevole la sua causa nella messa in discussione del medesimo da parte dei teologi progressisti. I suoi patroni sono noti. Basta ricordare i nomi di Küng e Böckle. Il movimento anticelibatario possiede i più calorosi banditori fra quei teologi che da molto tempo si disinteressano della cura d’anime e godono di eccellenti condizioni economiche. La vita borghese e il darsi alle teorie non sono favorevoli ai doni di Dio. La cosiddetta discussione aperta degli avversari del celibato toglie a molti preti la gioia e la sicurezza del loro stato e pertanto la forza di restare fedeli alla loro obbligazione. Ciò che prima si faceva senza discutere, oggi è diventato discutibile soprattutto perché a causa del dominio monopolistico del progressismo nei mezzi della pubblicistica cattolica e dell’appoggio che questo indirizzo trova nella stampa liberale, la voce della Chiesa, soprattutto del suo supremo Pastore e dei teologi fedeli, non si fa sentire che debolmente.
Da certi gruppi presbiterali è stata allestita una cosiddetta consultazione o per dir meglio una votazione sul celibato. Questa consultazione di preti sul celibato non serve primariamente allo scopo di inquisire in base al numero su un’opinione finora sconosciuta. La consultazione provocherà oppure aumenterà l’inquietudine e l’insicurezza nel clero, convincerà il popolo fedele della superfluità del celibato, in generale eserciterà dal basso una pressione sui pastori per costringere questi a sopprimere la pesante legge, i quali a loro volta dovranno influire sul Papa.
Quanto questo calcolo sia esatto e quanto sia efficace questa tattica, lo mostra l’esempio dell’Olanda. L’attività ininterrotta di circoli relativamente piccoli ma influenti di teologi e pubblicisti ha spinto i vescovi olandesi, il card. Alfrink in testa, a fare propria e a impegnarsi per la causa degli avversari del celibato per presentarla al Santo Padre nel secondo Sinodo dei vescovi nell’autunno del 1969. Va rilevato che questo accade appena a due anni di distanza dalla pubblicazione dell’enciclica di Paolo VI sul celibato e dopo che il Santo Padre molte volte aveva fatto capire direttamente o mediante interpreti autorizzati che una mutazione (cioè l’abolizione) della legge del celibato è fuori questione. Di qui si vede che le parole e le decisioni del Papa hanno nei circoli progressisti e modernisti poco o nessun valore. Il Santo Padre può insegnare ciò che vuole, questi circoli sono sempre insoddisfatti, dicono che questa non è l’ultima parola del Papa o che il Papa non ha buoni consiglieri o non ha una giusta teologia. Si ha l’impressione che il Santo Padre non possa più afferrare queste persone con le parole ma soltanto con atti, cioè con provvedimenti disciplinari.
Le votazioni su leggi ecclesiastiche riposano in ultima istanza sopra il malinteso che la struttura della Chiesa sia democratica. Nella Chiesa il potere non procede dal popolo. I pastori della Chiesa lo ricevono direttamente da Dio oppure dai pastori superiori. Una legislazione mediante referendum o plebiscito è nella Chiesa per diritto divino impossibile.
Ciò che il singolo o anche molti singoli pensano di una legge (difficile) è irrilevante, e non c’è bisogno di ricorrere alla distribuzione e richiesta di questionari. La tendenza alla facilitazione e alla comodità è fin troppo nota e non c’è bisogno di pubblicizzarla. Un valore superiore è sempre di più difficile comprensione e attuazione di un valore più basso. Non ci si deve pertanto aspettare che il signor Qualcuno possa essere guadagnato al celibato la cui anima è la verginità consacrata a Dio. Una concezione semplicistica e a buon prezzo ha sempre più probabilità di essere accolta dalla massa di una elevata e complicata. Un’appropriata agitazione contro tutto ciò che è difficile nel campo del mistero soprannaturale e insieme pratico produce una vasta impressione. La Chiesa ha fato spesso simili esperienze, per esempio nel secolo sedicesimo. Ma si è anche sempre visto che siffatti movimenti fanno deviare i loro sostenitori e abbattono valori la cui distruzione non era stata prospettata e tuttavia ora non può essere più impedita.
Carisma e legge del celibato.
1. Il carisma. Uno degli argomenti principali degli avversari del celibato consiste nel l’affermazione che la Chiesa non può legare il celibato al sacerdozio con una legge.
A questo si deve rispondere: è esatto che c’è un celibato che è un particolare dono della grazia di Dio. Che l’astinenza (sessuale) sia un dono della grazia di Dio è un pensiero ellenistico ed ellenistico-giudaico che è stato accolto dall’apostolo Paolo (1 Cor. 7, 7). Soltanto bisogna chiarire l’essenza e i limiti di questo dono di grazia.
Il carisma consiste in questo, che esso opera, in colui che non gli pone ostacolo, una particolare disposizione e tendenza per la vita celibe. In nessun modo il carisma costringe al celibato né ci dispensa dalla decisione per esso; il carismatico non è meno capace e disposto a entrare nel matrimonio di un altro. Secondo san Paolo, questo carisma, precisa May, è aperto a tutti, e ognuno lo può ottenere: del resto il celibato si può osservare anche senza uno speciale carisma, e ogni uomo, in certe circostanze, lo deve osservare. La Chiesa ora mette insieme ‑ come presupposto del conferimento degli Ordini maggiori ‑ il carisma del celibato con la volontà di osservare la completa astinenza sessuale. La condotta della Chiesa in questo è ovvia: essa stabilisce le esigenze proprie di coloro che esercitano i ministeri. Chi vuole diventate sacerdote, deve fra l’altro assumere su di sé la legge della completa astinenza sessuale. Tre volte egli assicura sotto giuramento di conoscere questo dovere e lo afferma liberamente. Come in queste circostanze si possa parlare di una «costrizione» (Zwang), è incomprensibile. Nessuno è costretto, anzi nessuno può essere costretto a diventare prete.
Del resto, l’osservanza del celibato e dell’astinenza sessuale completa non è necessariamente legata al carisma e vale anche quando più non si possiede il carisma, anzi, in certe circostanze vale per tutti, sposati o non sposati: gli uomini innumerevoli che contraggono matrimonio devono, per legge divina, astenersi prima del matrimonio da ogni attività sessuale, abbiano o non abbiano il carisma.
Hanno il dovere di osservare la castità perfetta i milioni di uomini i quali, malgrado la loro grande aspirazione, non giungono al matrimonio, anche se per questa rinuncia non dispongono di alcun carisma.
Il dovere della completa astinenza sessuale vale per quanti, a causa di difetti fisici, non possono aspirare alla via del matrimonio e questo anche se non hanno il carisma del celibato. Devono osservare la completa astinenza sessuale i milioni di vedovi e vedove, di abbandonati e separati, il cui godimento del matrimonio è stato interrotto. Il dovere della completa astinenza sessuale vale anche per gli uomini sposati la cui moglie sia ammalata o che non intendono mettere al mondo altri figli quando non possono provvedere con il metodo dell’astinenza periodica. Questo dovere vale infine per tutti i prigionieri, di guerra o civili, per il tempo che devono vivere separati dalle loro mogli: nessuno di costoro afferma di sentire un carisma.
Di fronte a questi casi, considerando gli innumerevoli uomini di tutti gli stati ed età, preparati o impreparati, la legge del celibato della Chiesa opera in proporzione in modo inoffensivo. Essa abbraccia una percentuale molto ristretta di uomini scelti, colti e dotati. Essi hanno a disposizione aiuti naturali e soprannaturali. Sono stati interrogati e hanno risposto con un sì. La rinuncia all’amore sessuale non è il sacrificio più duro che possa essere richiesto a un uomo. Dal medico e dal poliziotto si esige che essi impegnino a servizio della loro missione non solo le loro forze, ma in caso di necessità anche la salute e la vita. Sì, da ogni uomo sano e, come si è visto nella seconda guerra mondiale, anche da molte donne, ci si aspetta che siano pronti a difendere la loro patria anche mettendo a repentaglio la propria vita. Queste esigenze non vengono da leggi umane, ma in ultima istanza da precetti divini. Di fronte a un simile dovere di eroismo è veramente vergognoso soltanto pensare di ribassare le esigenze dei sacerdoti cattolici. Sarebbe una faccenda spregevole.
2. La legge. Dagli avversari odierni del celibato viene richiesta l’abolizione della legge con diverse ragioni. Questa richiesta va decisamente respinta. La completa astinenza sessuale di un notevole numero di persone è prescritta per legge. L’uomo così com’è, non come deve o può essere, ha bisogno della legge e propriamente per due ragioni.
Anzitutto, la obbligazione giuridica del celibato significa la codificazione ministeriale dell’alta stima che la Chiesa ha del celibato per amore di Cristo e la spiegazione ministeriale della connessione indispensabile tra sacerdozio e celibato. Senza la legge sarebbe per i fedeli e i preti mediocri a lungo andare difficile conoscere che il celibato ha nella Chiesa di Dio il rango e il significato che gli competono secondo la volontà di Cristo e la dottrina della Chiesa. E sarebbe più difficile scegliere questa forma di vita se l’invito a essa, che la legge significa, venisse a mancare. La legge aiuta agli uomini, inclinati alle cose comode e facili, a prendere decisioni generose; essa li libera dalle forze che nel proprio intimo e nell’ambiente li trascinano alle cose mediocri e insignificanti.
In secondo luogo la legge, per la sua dura chiarezza e irrevocabilità, non con le debolezze di oggi, è diventata l’ultima diga (Halt), per innumerevoli preti nelle ore di stanchezza, di svogliatezza e di tentazione. Esistono situazioni nelle quali gli splendori della vocazione, la dignità del servizio e la gioia in Dio sembrano non dire nulla al prete uomo, situazioni nelle qual tutte le luci sono spente e si sperimenta soltanto il peso della solitudine e della disillusione. Il pensare: «Non c’è nessun dietro-front», «Tu non puoi abbandonare i fedeli», «Tu devi tener duro» è allora spesso più efficace dei motivi in sé più alti…
Non c’è dubbio: se cade la legge del celibato, cade il sacerdozio celibatario. Certamente resteranno ancora molti sacerdoti celibi della generazione più anziana. Ma in breve tempo essi rappresenteranno soltanto una minoranza dileguantesi e a lungo andare cesseranno di rappresentare un fattore di serietà. L’osservanza della legge che ordinava il celibato, sotto la pressione dei rapporti sociali che indicano nel sacerdote sposato il tipo del prete, sarà sostituita. La stessa sorte toccherà agli Ordini religiosi. La testimonianza della propria vita per Iddio, per la potenza della grazia, per il valore dei beni dello spirito, per la speranza dell’aldilà sarà così in doppia guisa indebolita nella Chiesa.
La crisi e il suo superamento.
1. La via nella crisi. Le crisi possono venire a ogni prete. Se esse siano possibili senza una qualsiasi colpa del prete, non oso deciderlo. La sessualità deve essere di continuo vigilata, domata e vinta. Il bisogno sessuale però a ogni buon conto prende la forza che uno gli dà. Non è vero affermare che esso comincia senza la nostra collaborazione. Chi si rinnova ogni giorno con la meditazione, la lettura spirituale, la preghiera del Rosario, la celebrazione del santo Sacrificio, la visita del Santissimo Sacramento, chi spesso si purifica con il sacramento della penitenza, chi conserva la fede e l’umiltà, costui non ha nulla da temere. Ma chi gioca con il fuoco, non c’è da meravigliarsi se viene bruciato. Le forze sessuali una volta risvegliate non è tanto facile poi riportarle in quiete.
2. Il compito del ministero. Molti cercano lo scampo dalla crisi con l’interruzione nel ministero. Ma si tratta di un’illusione fatale se un prete crede che egli troverà una perfetta soluzione e una facilitazione ritirando la sua decisione fondamentale. In realtà questo ritiro non può accadere se non con una rottura della personalità. La sconfitta lascerà in lui un pungolo, la capitolazione non gli permetterà di trovare la pace perfetta.
Obiezioni contro il celibato.
1. Attuazione dei valori umani. Spesso oggi si afferma che il celibatario non raggiunge la piena umanità perché gli manca la compagna di matrimonio. Che si deve dire?
Certamente, il matrimonio può sviluppare alcune oppure anche molte doti dell’uomo. Ma ugualmente un matrimonio può impedire la completa espansione. È difficile qui fare calcoli numerici… Per il prete si deve dire che il Signore esige l’autoabnegazione, cioè il dire di no alle proprie possibilità, il dire di no ai valori più piccoli a favore dei valori più alti. Rinunciare ai valori naturali per i valori soprannaturali non è un cattivo baratto: è anzi la legge fondamentale del cristianesimo. Inoltre è un fatto che nessun uomo può realizzare tutte le possibilità che si trovano nell’uomo. Ognuno è in grado di realizzarne una parte. Se il celibatario non realizza i valori connessi con il matrimonio, realizza però quelli connessi con il celibato.
2. Carenza di sacerdoti. Si sente anche spesso che si avrebbe un maggior numero di aspiranti al sacerdozio se non ci fosse il celibato. A questo si deve rispondere: attribuire al celibato la causa della carenza dei sacerdoti significa spostare la causa. Infatti il celibato può essere un impedimento ad aspirare al sacerdozio soltanto per coloro che ne rifiutano il senso soprannaturale, lo spirito di mortificazione, l’abnegazione di sé e lo zelo. L’attribuire al celibato questa carenza è soltanto un pretesto. La mancanza di clero non è minore presso i protestanti, gli ortodossi e i Vecchi Cattolici, anzi è peggiore che nella Chiesa cattolica.
3. Attitudine al matrimonio. Si dice che il prete ha diritto al matrimonio come ogni altro uomo e che la Chiesa non glielo può impedire. Poiché quest’ultima affermazione è palesemente eretica, non c’e bisogno di confutarla.
In tutte le discussioni sul «diritto al matrimonio» si presuppone come ovvio che chi trova difficoltà nel vivere da celibe sia per ciò libero di contrarre matrimonio. Questa supposizione qui non interessa affatto. Il «diritto al matrimonio» non è per diritto divino illimitato. L’età, malattie mentali e psichiche, censo, religione, qualità di carattere, ecc., possono impedire un determinato matrimonio anzi ogni matrimonio…
Conseguenze della soppressione del celibato.
1. Il trovarsi diviso. fra moglie, figli e il ministero come si vede nel protestantesimo: l’aveva ben visto anche Kierkegaard.
2. Regresso della cura d’anime. Il servizio all’altare, l’amministrazione dei sacramenti e dei sacramentali, la predicazione, il catechismo, la cura degli ammalati, la visita alle case, la pastorale differenziata, l’amministrazione, la vita di preghiera personale, tutto questo e molte altre cose ancora assorbono un prete così completamente che io non sono in grado di immaginare come tutto ciò possa essere compiuto da uno sposato e padre di famiglia.
Conclusione: il celibato per la Chiesa cattolica è necessario se essa non si vuole impoverire in maniera miserevole. Preghiamo Iddio che dia ai pastori della Chiesa fermezza, ai teologi lume, ai preti forza e ai giovani il coraggio di mantenere il celibato e di farne l’espressione, con una vita pura e forte, della dedizione a Dio e il mezzo del servizio agli uomini.
1 Seguo e riassumo lo studio di G. May, Zölibat und Zölibatskrise, estratto da «Das Zeichen», Limburg 1969, p. 16. Cfr. anche Bemerkungen zu der Priesterfrage in der Gegenwart, in «Theologisches», febbraio 1973, col 736 ss.
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