I. La vita di San Tommaso

Destinato dalla Provvidenza alla più imponente opera di pensiero, quella della sintesi fra fede e ragione, fra natura e grazia, la quale esigeva la massima concentrazione interiore, Tommaso d’Aquino ebbe invece una giovinezza ed una vita agitata e incontrò dovunque contrasti e opposizioni, assaporando ben presto l’amarezza dell’incomprensione e la condanna degli invidiosi e dei mediocri. Eppure nell’alternarsi di tanti casi avversi si rivela un piano di superiore armonia che la sua coscienza sapeva cogliere e attuare con lucida deliberazione quasi mosso dal ritmo di problemi di cui egli solo ne sentiva, per la prima volta nella storia della cristianità, l’intimo pungolo, l’esatto significato e le tappe essenziali.

Nato sembra ormai certo, nel castello di Roccasecca, nel Regno di Napoli, da Landolfo di Aquino, signore di Roccasecca, e da Teodora di Chieti ma di origine lombarda. Poichè è certa la data della morte (7 marzo 1274) e il biografo ufficiale G. di Tocco afferma che il Santo aveva allora appena compiuto i 49 anni, la data della nascita si aggira sugli ultimi mesi del 1225 e i primi del 12261.

Della prima infanzia è ricordato specialmente l’episodio del fulmine che uccise nel castello di Roccasecca una sorellina lasciando illeso il piccolo Tommaso che le stava accanto. Nel 1230, all’età di cinque anni, fu messo dai genitori tra i «pueri oblati» di Montecassino per esservi educato con l’intenzione di avviarlo alla vita mo|nastica nella segreta speranza che potesse arrivare alla suprema carica e accrescere la potenza della famiglia. Invece, certamente per sua matura deliberazione e, secondo G. di Tocco, con il consiglio dello stesso abate ed anche a causa della devastazione che Montecassino aveva subìto nell’anno 1239 da parte di Federico II, T. ritorna in famiglia e passa a proseguire gli studi all’Università di Napoli dove ebbe la prima diretta iniziazione alla filosofia aristotelica sotto il maestro Martino di Dacia per la logica e Pietro d’Irlanda per la filosofia naturale (così G. di Tocco, loc. cit., ma gli altri biografi P. Calo e Bernardo Gui, più succinti, non ne parlano). All’Università di Napoli nacque la vocazione domenicana per opera del predicatore P. Giovanni di S. Giuliano: alle opposizioni della famiglia, che non risparmiarono violenze sia fisiche che morali, T. oppone una fermezza eroica che guadagnò alla vita religiosa la sorella Marotta. Sembra che il Santo abbia ricevuto l’abito religioso dalle mani del maestro generale Giovanni Teutonico tra il 1243 e la fine del 1244. Ottenuta finalmente la libertà con la fuga, fu avviato a completare gli studi superiori. Alcuni (Mandonnet, Grabmann, Glorieux, Castagnoli) dietro l’accenno del Tocco2 sostengono che la prima mèta fu l’Università di Parigi dal 1245 al 1248, come fa supporre anche la celebre lettera dei maestri delle Arti di Parigi (del 2 maggio 1274) dove la «omnium studiorum nobilissima Parisiensis civitas» è presentata come quella che «ipsum prius educavit, nutrivit et fovit» (cf. Chartul. Univ. Paris., ed. Denifle-Chatelain, I, Parigi 1889, n. 447, p. 504). Nel 1248, fondato da Alberto M. lo Studio generale di Colonia, T. frequenta i corsi di teologia per la preparazione immediata al sacerdozio; alla scuola di Alberto, s. T. prese contatto non solo con tutto il corpus aristotelicum, ma anche con i commentatori arabi e greci fino allora tradotti e specialmente con il corpus dionysianum e potè rivelare al maestro la sua reale capacità. Per l’insistenza di Alberto, che sollecitò i buoni uffici del card. domenicano Ugo di S. Caro, il generale dell’Ordine nel 1252 chiamò T. a Parigi per prendere il posto vacante di baccelliere in teologia della cattedra domenicana. Dopo aspre contese, fomentate dai maestri secolari che dovettero cedere per intervento diretto del papa Alessandro IV3, T. ottenne la licentia| docendi entro il mese di giugno dello stesso anno, ma non fu ammesso nel Collegio dei professori (insieme con s. Bonaventura) che il 15 ag. dell’anno seguente (1257) dando inizio al suo insegnamento di magister regens nel seguente mese di ottobre.

Ormai tutta la vita di T. fu assorbita dall’attività scientifica che si svolse alternativamente tra l’Università di Parigi e l’Italia. Il primo magistero parigino (1256-59) fu turbato dall’attacco dei maestri secolari, guidati da Guglielmo di S. Amore, per impedire agli Ordini mendicanti l’ingresso nell’Università: gli avversari gettarono sulla bilancia anche la questione dell’Evangelium aeternum, ma senza riuscire nell’intervento. S. T. sulla fine dell’anno scolastico 1259 si mise in viaggio per l’Italia, dopo aver partecipato nella Pentecoste (giugno 1259) al Capitolo generale di Valenciennes, collaborando con s. Alberto Magno e Pietro di Tarantasia (poi papa Innocenzo V) alla compilazione della Ratio studiorum dell’Ordine (cf. Chart. Univ. Paris., t. I, n. 385, p. 385 sgg). Questo primo soggiorno italiano (1259-68) di quasi dieci anni è il periodo più continuo e tranquillo della vita del Santo, nel quale egli dispiegò un’attività scientifica prodigiosa. È probabile che abbia insegnato presso lo Studium o conventus Curiae, chiamatovi da Urbano IV a Viterbo e poi a Orvieto; negli anni 1265-67 si trova nel convento romano di S. Sabina con l’incarico di riordinare lo Studio generale dell’Ordine; nel 1267-68 è con probabilità ancora a Viterbo presso Clemente IV. Alla Corte strinse amicizia con il confratello fiammingo Guglielmo di Moerbeke, il quale gli fu prezioso aiuto sia con la revisione delle vecchie versioni sia con nuove versioni dal greco di Aristotele e dei principali commentatori greci di Aristotele e dei testi neoplatonici, in particolare della Stoicei,wsij qeologikh, di Proclo nel 1268, i commenti alle Categorie di Simplicio nel 1266 e al De Coelo et mundo del medesimo nel 1271, al Perihermeneias di Ammonio nel 1268, al De anima di Temistio nel 1268 e al De anima di Giovanni Filopono ancora nel 1268. Di data anteriore è la versione del commento ai Metereologica di Alessandro di Afrodisia, a Nicea nel 1260. Sulla fine del 1268, forse per ordine dello stesso Pontefice, s. T. era in viaggio per Parigi dove nel genn. del 1269 iniziò l’insegnamento continuando nell’anno accademico 1270-71. Questo secondo magistero parigino è il periodo più agitato nella vita del Santo e di più aspra lotta su tutti i fronti: anzitutto il divampare dell’averroismo nella Facoltà delle arti, poi la lotta aperta contro il suo aristotelismo da parte dell’indirizzo agostinista dominante| nella Facoltà di teologia (e sembra sotto l’ispirazione diretta di s. Bonaventura4) culminante nella burrascosa disputa del 1270 che abbracciava le principali tesi del tomismo (e in particolare la «unicità della forma sostanziale») alla presenza di Stefano Tempier, vescovo di Parigi, nella quale T. «fuit quasi solus huius sententiae»; infine la lotta riaccesa dai maestri secolari Gerardo di Abbeville e Nicola di Lisieux contro gli Ordini mendicanti, che provocò da parte del Santo i due mirabili scritti De perfectione vitae spiritualis e Contra retrahentes a religionis ingressu. Nella primavera del 1272 T. ricevette dai superiori l’incarico di riordinare (dietro invito di Carlo d’Angiò) l’insegnamento di teologia nell’Università di Napoli: oltre all’insegnamento che abbracciò l’intero anno 1272-73 e la prima parte del 1273-74 fino a genn., s. T. attese con intensità alla III parte della Sum. Theol., alla composizione di opuscoli e di commenti ad Aristotele e alla predicazione quaresimale al popolo nella lingua volgare. Nel genn. del 1274 fu invitato da Gregorio X al Concilio di Lione: messosi in cammino, con la compagnia del suo fedele segretario fra Reginaldo da Piperno, venne colto per via da insolito malore che, ribelle alle amorose cure della nipote Francesca, la contessa di Ceccano che l’accolse nel castello di Maenza, lo trasse a morte il 7 marzo 1274 nell’abbazia cistercense di Fossanova dove, presago della fine, aveva chiesto ospitalità. Fu canonizzato da Giovanni XXII ad Avignone il 18 luglio 1323 e dal domenicano s. Pio V fu dichiarato nel 1567 «Dottore angelico» ch’è il suo titolo d’onore assieme a quello ufficiale di Doctor communis. Già il suo maestro s. Alberto Magno, accorso a Parigi per difenderlo dalla condanna del 1277, l’aveva proclamato «splendore e fiore di tutto il mondo»5.

Note

1 Vita s. Th. Aq., cap. 65; in Fontes Vitae s. Th., fasc. II, ed. D. Prümmer, St- Maximin, Var, 1924, p. 138.

2 Op. cit., cap. 7; ed. cit., p. 72.

3 Cf. Lett. al Cancell. dell’Univ. di Parigi del 3 marzo 1256, in Chart. Univ. Paris., I, n. 270, p. 307; cf. nn. 293, p. 339, e 317, p. 366.

4 Cf. J. D’Albi, S. Bonaventure et les luttes doctrinales de 1267-77, Parigi 1923.­

5 Fontes vitae s. Th. Aq., fasc. IV, p. 382.

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