5. Decadenza e crisi del sacerdozio nell’attuale crisi della chiesa
Ciò che nella presente situazione, secondo il May, soprattutto è deprimente, sono gli errori di professori, non tanto la debolezza e viltà di vescovi: ciò che più deprime è la decadenza della cura d’anime, è la frode e la pena che è stata recata al bravo popolo tedesco. A nessun osservatore diligente della Chiesa cattolica può essere sfuggito negli ultimi anni che questa ha battuto una via addirittura suicida per quanto riguarda la cura d’anime. Basta dare uno sguardo alla situazione.
Atteggiamenti di monopolizzazione della teologia progressista.
Bisogna partire da un fenomeno che è decisivo e insieme sorprendente per la Chiesa cattolica, cioè la determinante anzi dominante posizione della teologia Chiesa attuale. Essa sembra essere diventata, da una Chiesa di vescovi, una Chiesa di professori. Devo in verità correggermi: dominante non è la teologia semplicemente, ma una determinata forma di teologia che si chiama con la modestia, che le è propria, teologia del progresso, che io però indico come progressista. Meno questa teologia è una unità, e più però essa mostra in un certo campo delle caratteristiche comuni.1
Evidentemente questa teologia progressista non ha nulla a che fare con il vero progresso, che si chiama avvicinamento alla perfezione ‑ ed è questo in verità vero progresso ‑, cui il Signore della Chiesa ci invita. Il progresso autentico afferma i valori presenti e cerca di svilupparli, non il distrugge. Il progressismo invece contiene un programma di totale insicurezza. Ciò che esso spaccia per progresso è in verità regresso, cioè disgregazione di valori, svuotamento di contenuti, distruzione di forme: in breve, una demolizione, una liquidazione di cui una volta un professore di teologia dogmatica mi disse: «La liquidazione si può fare soltanto una volta!». Le opposizioni nella Chiesa non sono affatto tra conservatori e progressisti. Non si tratta infatti di una diversa impostazione della medesima eredità cattolica che da nessuno è negata, ma si tratta della fedeltà ai valori cattolici o del loro tradimento. Alcuni mesi fa l’episcopato tedesco, come è noto, ha organizzato una consultazione di sacerdoti. Tra le molte risposte ce n’è una senza dubbio estremamente significativa: il 68 % dei sacerdoti si è lamentato della confusione in cui è precipitata la teologia. Sia i sacerdoti sia il popolo cattolico erano abituati fino a pochi anni fa (ad aspettare) che i teologi che insegnano per incarico della Chiesa annunziassero anche la dottrina della Chiesa. Ma la situazione da alcuni anni è cambiata. Oggi non e raro il fatto strabiliante che gli annunziatori della fede, autorizzati dalla Chiesa, insegnino in contrasto con la dottrina della Chiesa. Io non esagero se dico che la guida della Chiesa è passata di fatto in larga parte dai pastori autorevoli e responsabili a teologi progressisti irresponsabili.
In casi innumerevoli questi teologi, noncuranti delle leggi in vigore, non fanno che esercitare pressione sui vescovi per costringerli alla mutazione delle norme. Il professore di dogmatica a Tubinga Küng ‑ seguito in questo dal collega Kasper ‑ è sbandierato come «carismatico», mentre la sua opera esattamente si deve chiamare «ricatto». Il 6 ottobre 1971 si domandò ai sacerdoti di Francoforte sul Meno chi di essi usasse esclusivamente e soltanto i quattro canoni permessi della santa Messa. Risultarono tre su trentacinque: trentadue usavano quindi canoni della Messa non permessi, introdotti arbitrariamente. Poco tempo fa la terza istruzione per l’esecuzione della costituzione liturgica del concilio Vaticano Il ha insistito nel proibire alle donne di servire all’altare. Questo non ha impedito, come so per mia propria osservazione, che un parroco di Spira lasciasse ministrare le ragazze sotto gli occhi del vescovo! Gli stessi vescovi, in molti casi conturbanti, hanno dato esempio di disobbedienza verso la Sede Apostolica, casi che non possono non avere il contraccolpo nel comportamento dei fedeli e dei sacerdoti. La conferenza episcopale tedesca alcuni anni fa ha ordinato che la prima confessione debba essere posticipata di alcuni anni alla prima comunione. La Sede Apostolica nel Direttorio catechetico dell’11 aprile 1971 ha ordinato di stare alla pratica precedente, cioè di premettere la confessione alla prima comunione. La conferenza episcopale tedesca non pensa per niente a ritirare il proprio abuso.
Il procedimento è sempre il medesimo: un paio di teologi progressisti di cartello si trovano insieme, elaborano qualche manifesto o altro proclama, lo pubblicano, fanno rumore, un gregge di seguaci si unisce a loro e dà man forte al coro, i mass-media prendono la palla che è loro lanciata e attizzano l’agitazione: la maggioranza dei vescovi tace, si mostra impressionata, benché alcuni siano impressionati non tanto dagli argomenti quanto dal vortice scatenatosi, un gruppo si dichiara solidale con i manifestanti, altri fanno dichiarazioni contrastanti che vengono subito diffuse dappertutto e impediscono ogni formazione di un’opposizione, ambedue i gruppi cominciano a esercitare insieme una pressione sul Papa. Il Papa è spaventato, indugia, indietreggia, compromette quelli che erano pronti a introdurla, il progetto conteso è lasciato cadere oppure è modificato secondo il desiderio dei manifestanti. L’esempio migliore: la legge fondamentale della Chiesa. La Curia romana, da una parte intimidita dalla canèa, dall’altra devota al suo signore, è come paralizzata per sentimento di lealtà verso il Papa o per paura dei ribelli, senza volontà e incapace di condurre una efficace opposizione.
Così la Chiesa un po’ alla volta ‑ e questo va tenuto bene in vista ‑ per quel che riguarda la decisione dei pastori è scivolata in una situazione di carenza di guida la quale, sia nel campo della dottrina sia in quello della disciplina, opera con crescente disintegrazione. Ogni positiva dichiarazione dei vescovi è contraddetta subito da quelle negative di molti teologi modernisti. Ultimo esempio: l’aborto. Sembra che non ci sia più una decisione sufficiente dei titolari del magistero che tagli corto al dibattito. La permanente insicurezza del clero e dei fedeli dilaga. Così non credo, cari confratelli, di essere troppo sottile se dico che le parole terribili del Vangelo: «Voi eravate come pecore senza pastore», devono applicarsi su larga scala alla situazione della Chiesa presente.
I teologi progressisti hanno creato istituzioni che devono consolidare il loro dominio. Il mio pensiero va alle commissioni dei teologi di diversi campi e alla rivista «Concilium». Il suo dominio, nelle case editrici, nelle riviste, nei giornali è solidamente fondato e pressoché completo, così che senza esagerazione si potrebbe parlare di un cartello progressistico di opinione, anzi di un monopolio di opinione. Al suo influsso soggiaciono e nella maggioranza soccombono da anni i pastori della Chiesa, il clero e i fedeli. La maggioranza degli uomini è incline a scambiare l’opinione dominante con quella vera o almeno a rassegnarsi di fronte alla posizione di monopolio della medesima.
Ma questo ha per la cura d’anime effetti cattivi e pieni di disagio. Senza una condotta ferma e unitaria della Chiesa nelle questioni di fede e di disciplina la cura d’anime manca dei suoi fondamenti. Quando l’assolutezza della nostra fede non è più indiscutibile non si trovano più neppure pastori d’anime che si struggano di zelo per la casa di Dio, né si possono più avere a disposizione laici che sacrifichino forze e tempo per la religione. Quando un prete insegna in un modo, un altro in un altro, chi rimprovera la gente se seguirà la via più comoda e più facile? Se non esiste una vita eterna, né il cielo né l’inferno, perché anche i cattolici non possono fare proprio il motto: «Arràngiati su questa terra, non c’è nessun aldilà, nessun arrivederci!»?
In seguito al monopolio ideologico dei progressisti non e possibile illuminare in grande stile il popolo fedele su ciò che negli ultimi anni si è fatto nella Chiesa. Così l’enorme processo di liquidazione dei valori cattolici non è venuto alla piena coscienza dei più o su vasta scala. Vastissimi circoli del clero e di laici ne sono infetti.
La crisi dei pastori d’anime.
La crisi della cura d’anime ha la sua radice principale, precisa il May, nella crisi dei pastori d’anime…2 Conoscete gli slogan: il sacerdozio deve essere demitizzato, il patriarcalismo demolito, la Chiesa democratizzata. Voglio occuparmi solo di questo, di come queste montature influiscono su molti preti. Ci sono sacerdoti il cui corso della giornata è determinato dai programmi della televisione, sacerdoti che trascurano regolarmente i propri doveri di pietà sacerdotale. Ci sono sacerdoti i quali da mesi, se non da anni, non ricevono più il sacramento della confessione malgrado le prescrizioni ecclesiastiche ancora vigenti. L’anno passato ho tenuto un corso di esercizi per preti nel quale ho avuto incontri tremendi fuori di confessione: molti infatti sono venuti da me. Un prete che era in procinto di cadere mi disse: «Se lei non avesse parlato così duramente, avrei continuato. Soltanto perché lei ha detto le cose con tanta chiarezza e severità, io ho la forza di continuare». Con la perdita e l’indebolimento della fede sorge però per la cura d’anime un pericolo mortale. Chi è diventato oscillante nella fede è incapace di condurre con fede la cura d’anime. Può mantenere ancora per un certo tempo una facciata di zelo, ma non è più in grado di offrire un servizio efficace, zelante e illuminato per la salvezza dei fratelli e delle sorelle. I continui attacchi contro il sacerdozio hanno anche effetti deleteri su coloro ai quali è affidata la cura delle nostre anime. Inoltre i fedeli perdono la conoscenza dell’importanza insostituibile del sacerdozio cattolico per la Chiesa e per tutta l’umanità. La considerazione del prete cattolico è, all’interno della Chiesa, enormemente ribassata. Questo ribasso di stima nel clero, a causa della ribellione e degli scandali di sacerdoti come anche dell’indirizzo della teologia che abbassa il sacerdozio, hanno però pessimi effetti per la cura d’anime, poiché ne diminuiscono le prospettive e le possibilità. Se oscilla la fiducia nel pastore d’anime allora anche la fiducia nelle sue parole e nelle sue manifestazioni diminuisce. Allora non si cerca più il servizio del pastore d’anime, non si ascolta più la sua parola.
Ecumenismo nefasto.
La ricordata teologia progressista ha prodotto numerose importanti alterazioni nella Chiesa, devo dirlo. Non posso né voglio qui enumerarle. Ma un tratto è comune a molte, anzi alla maggior parte di queste alterazioni cioè l’adattamento alla dottrina e alla prassi della Riforma, ai contenuti e alle forme protestanti. La leva delle aspirazioni protestantizzanti è il cosiddetto ecumenismo cattolico proclamato dal concilio Vaticano II. Infatti i suoi influssi minacciano, secondo la mia osservazione, la Chiesa con la perdita della sua identità.
In primo luogo si deve dire che molti cosiddetti teologi cattolici lavorano come i protestanti, cioè trascurando i princìpi della teologia cattolica. Con assoluta spregiudicatezza e come fosse evidente, essi operano con il principio protestante della sola Scriptura. Nessuna meraviglia che essi giungano a posizioni protestanti. L’ecumenismo esige quella nebulosità e mancanza di chiarezza di cui una volta lo storico Joseph Lortz ha detto che è uno dei più importanti presupposti per il successo del movimento di Martin Lutero.
Alcuni esempi: in primo luogo la teologia del sacerdozio. Se il sacerdozio di fatto non è essenzialmente diverso dal laicato, è chiaro che il sacerdozio cattolico deve stare alla periferia della coscienza cattolica oppure essere completamente eliminato. Un altro esempio: Döpfner e Dietzfelbinger, il cardinale cattolico e il vescovo Protestante del Land bavarese hanno fatto una dichiarazione comune sulla indissolubilità del matrimonio. Chiunque conosca anche da lontano la dottrina protestante del matrimonio sa che i protestanti per indissolubilità del matrimonio intendono qualcosa di essenzialmente diverso da quello che intende la Chiesa cattolica.3 Di questa differenza esenziale non si parla affatto in questa dichiarazione. Ma che cos’è il valore in generale di una dichiarazione comune, dalla cui interpretazione e collocazione nella prassi subito emergono gravissime differenze, sempre supponendo che si voglia mantenere la fede cattolica?
In secondo luogo, le strutture, le manifestazioni vitali e la disciplina della Chiesa vengono in misura crescente adattate alle idee protestanti. Il sistema di consiglio in Germania, per esempio, viene delibato in parte notevole da fonti della Riforma. Una gran parte delle alterazioni della liturgia sta sotto il modello protestante, come ci assicurano gli stessi autori protestanti. In tutte le possibili occasioni che sono offerte alla Chiesa cattolica per dispiegare oggi la sua vita, anzi soltanto per professare la sua fede, viene contrapposto l’ecumenismo. Esempi: se si devono canonizzare i martiri inglesi, ecco la minaccia del peggioramento del clima ecumenico. Se si avvicina la festa del Corpus Domini si parla del dovere di aver riguardo dei fratelli separati. Molti tesori e valori che la nostra Chiesa possedeva rispetto alle altre comunità religiose sono stati negli ultimi anni ‑ per i cosiddetti riguardi ecumenici distrutti o lasciati nello sfondo. Un po’ alla volta anche il cattolico più paziente, che vuole restare cattolico, si domanda se l’ecumenismo così inteso non sia un mezzo per strangolare la fede cattolica.
Del resto io non ho ancora sentito che il protestantesimo per riflessioni ecumeniche si sia astenuto dal celebrare le sue feste confessionali oppure le abbia indirizzate a formare la sua vita ecclesiale secondo i dogmi cattolici. Ho piuttosto l’impressione che l’ecumenismo sia su vasta scala un mezzo per portare avanti la Riforma. Il protestantesimo afferma la comune base cristiana quando si tratta di difendere la stia posizione. E si allea, in ogni caso secondo esperienze tedesche, anche con l’ateismo, quando si tratta di combattere la Chiesa cattolica.
Effetti dell’onda protestantizzante.
Gli effetti dell’onda protestantizzante nella prassi sono di grande importanza per la cura d’anime. Infatti nella stessa misura in cui avanza la protestantizazione della Chiesa, si allenta il legame dei cattolici con la Chiesa. Questi sono di continuo esortati a imparare dai fratelli evangelici: che cosa questi pensino dell’ecclesiasticità, è noto. L’antiecclesiasticità, molto più diffusa in campo protestante che in quello cattolico, si trasferisce nei cattolici. Per chiunque conosce il protestantesimo, deve essere chiaro questo: chi scende a patti con il protestantesimo finisce nel risucchio della secolarizzazione, della riduzione, del minimalismo nel campo religioso e morale.
Si può imparate molto dal protestantesimo, come, per esempio, l’affermazione tenace delle proprie posizioni l’abile proseguimento del proprio vantaggio; ma è proprio questo che i teologi ecumenici non vogliono imparare. L’attività ecumenica ha piuttosto creato la convinzione quasi generale che non ha importanza essere cattolici o protestanti, anzi (in connessione con i cosiddetti cristiani anonimi) neppure se in generale si creda o non si creda qualcosa. La fratellanza universale con tutto il mondo, il dialogo realizzato senza distinzione, il livellamento delle differenze tra religioni e confessioni, in generale la messa da parte delle differenze di fede a favore dell’azione,4 hanno portato al dominante sentimento vitale che l’appartenere alla Chiesa cattolica non è necessario né molto importante.
Chi nel dialogo tra le confessioni lascia nell’ombra la questione della verità, crea l’indifferenza verso la verità. La conseguenza non è l’avvicinamento delle confessioni ma il disprezzo di ogni religione. L’ecumenismo si attua di fatto tra i cattolici nel migliore dei casi come relativismo, nei casi più disgraziati come indifferentismo. Per il relativismo Chiesa cattolica e protestantesimo sono egualmente molto importanti, per l’indifferentismo sono egualmente poco importanti.
Il protestantesimo vede nel numero e nella qualità dei convertiti una notifica per la forza interiore di una comunità religiosa.5 Se si applica questa misura alla Chiesa cattolica presente, si può vedere che la Chiesa è in una situazione di debolezza come non lo fu dal tempo del massimo splendore dell’illuminismo. Infatti il numero delle conversioni è ridotto al minimo. Conversioni di personalità eminenti nella vita dello spirito non ci sono quasi più. Sembra che la Chiesa nella figura che le hanno dato il Concilio e il post-Concilio, difficilmente esercita ancora un’attrazione sugli uomini che lottano e cercano.
L’unica cosa strana nella faccenda è che il protestantesimo non pensa di rinunziare alla sua opera di propaganda tra i cattolici. Nel mio libro sulle conversioni ho raccontato come dappertutto, in Germania non altrimenti che in Spagna, con zelo il protestantesimo guadagna adepti. E questo avviene con successo crescente. Verso la fine del 1970 il presidente sostituto della Chiesa evangelica tedesca dichiarava che nella Germania del Sud e Sud-Ovest il numero delle conversioni nella Chiesa evangelica era raddoppiato rispetto alle perdite. Questo fenomeno si spiega soltanto dagli acquisti che il protestantesimo fa tra i cattolici. L’Associazione evangelica vede la ragione dell’aumento delle conversioni del clero cattolico in Francia al protestantesimo nella valorizzazione del protestantesimo fatta dal concilio Vaticano II.
L’effetto peggiore della protestantizzazione della Chiesa io lo vedo però in questo, che un po’ alla volta fra i cattolici si è formata una situazione generale di coscienza la quale corrisponde a quella dei primi decenni del secolo sedicesimo, ed essa, come allora, prepara la caduta delle masse nel momento in cui si scatenerà la penetrazione altrui. L’insicurezza dogmatica dei cattolici è aumentata al punto che, a mio avviso, la maggior parte dei cattolici tedeschi non solleverebbe alcuna difficoltà se la conferenza episcopale tedesca decidesse domani a maggioranza l’unione con il protestantesimo.
Informazione, invece di comunicazione della fede.
Passando a considerare l’istruzione religiosa, il May rileva che essa è caduta in una delle crisi più serie. Questa crisi si presenta sotto molti aspetti. In primo luogo è da nominare l’insicurezza di molti insegnanti di religione. Di fronte a una teologia che mette confusione, essi stessi non hanno più un posto chiaro e di accordo. In conseguenza della totale insicurezza che è generata da molte pubblicazioni delle case editrici Herder, Patmos, Grünewald, Styria,6 essi hanno perso ogni orientamento teologico. Colui che ha smarrito la convinzione viva della fede, non può neppure comunicarla. […]
Da questa insicurezza risulta l’esigenza, spesso sollevata, di vedere l’istruzione religiosa come semplice informazione, non come predicazione della fede. A questo modo l’istruzione religiosa è mistificata nella sua essenza. Fede non è soltanto accettazione di contenuti evidenti, ma anche risposta alla chiamata di Dio che esige. L’esposizione della fede, se deve essere assunta rettamente, non deve essere compresa soltanto come una comunicazione di princìpi ‑ sarebbe un equivoco intellettualistico ‑ ma anche, e soprattutto, come una richiesta che accade in nome di Dio per l’incontro con Dio, per l’obbedienza verso Dio, rivolta da uno che ha praticato questa obbedienza e può darne testimonianza. In altre parole: l’istruzione religiosa non comunicherà solo conoscenze, creerà convinzioni. Una concezione dell’istruzione religiosa come pura informazione perde per la Chiesa ogni significato, perché allora il relativismo affossa ogni convinzione della fede cattolica.
Non sorprende allora che l’insicurezza dei maestri di religione passi negli scolari. Sul pulpito non di rado si predica un falso concetto di Dio, se ne dà una falsa immagine. Il Dio del progressismo teologico è l’immagine riflessa della confusione progressista: un Dio di mollezza e debolezza, un Dio di trascuratezza e di sufficienza. Nessuna traccia del Dio che è fuoco divampante, di fronte al quale i cieli non sono puri, che non ha risparmiato il «calice» della Passione al suo unico Figlio.
Molti teologi hanno tralasciato da anni di predicare la mortificazione, l’abnegazione, la rinuncia e di far esercitare queste pratiche ai bambini, ai giovani agli adulti. Per i più ciò che la Chiesa ha prima insegnato e ordinato è falso, superfluo o superato… Le contraddizioni nella predicazione portano molti cattolici a pensare che nessuna delle diverse concezioni che sono loro presentate sia vera, ma piuttosto che tutte siano false.
Si diffonde un culto del negativo e della critica. L’infinita benedizione che procede dalla Chiesa viene tolta. Vengono dissepolti i lati oscuri della storia della Chiesa e sbandierati dappertutto. La fierezza dei credenti di appartenere alla comunità di salvezza del Signore viene schernita e dileggiata come «trionfalismo». Ma al suo posto entra il trionfalismo della negazione, che si compiace del vilipendio di sua madre e constata con soddisfazione lo scroscio di risate del liberalismo. La letizia ecclesiale si è trasformata in una stanchezza, aridità, insicurezza e indifferenza finora sconosciute. Una Chiesa che di continuo diventa verminosa nella sua gente, deve un po’ alla volta perdere credito anche presso i suoi fedeli.7
Scomparsa della pietà e della severità dei costumi.
Con la perdita della fede è connesso l’allentarsi della pietà. La capacità per la preghiera personale viene obliterata o non sufficientemente formata. I fedeli si sono quasi completamente dimenticati di pregare per sé prima o dopo la santa Messa. Ma è ovvio, insiste il May, che la preghiera sta e cade con la preghiera personale. La riforma liturgica, vista nel suo complesso, non ha fortificato la fede né approfondito la pietà. Piuttosto il rispetto per l’Iddio santo, per la sua maestà e il suo giudizio, i suoi misteri e la sua parola ha lasciato il posto in misura angosciante alla superficialità, alla leggerezza, anzi alla frivolezza in rapporto al sacro. L’adorazione al Santo dei Santi è fortemente in ribasso, anzi in qualche parte è completamente scomparsa. Al Signore nel Sacramento si ricusano il saluto e la genuflessione o perché la fede nella presenza reale è andata a pezzi o perché in questo modo si vuol costringere a una mutazione.
Il timore di Dio sembra scomparso dalla Chiesa; il timore di Dio di cui la Scrittura dice che esso è l’inizio della sapienza e un dono dello Spirito Santo. La devozione alla Passione di Gesù, come essa si esprimeva nella Via Crucis o nelle prediche quaresimali, è stata notevolmente demolita. Pratiche così conservate come il primo venerdì del Cuore di Gesù e il sabato sacerdotale sono andate sempre più in dimenticanza. La devozione alla Madonna è molto diminuita e in parte strangolata. Il Rosario è per lo più abbandonato come superato. Le pratiche del mese di maggio sono diminuite di numero, la loro attuazione è impoverita e poco attirante. La devozione dei santi non svolge alcun ruolo. La devozione alle anime purganti è praticata in misura degna di menzione solo dai vecchi.
L’acquisto delle indulgenze è cessato da molto. Tutto questo dipende in prima linea dall’allinearsi della fede cattolica al criterio del protestantesimo, come anche dalla negazione, da parte dei cosiddetti teologi cattolici, dell’immortalità dell’anima e della purificazione oltremondana.
Se il numero delle comunione forse è aumentato, in molti casi è a prezzo della preparazione sufficiente, anzi, in parte, con la rinuncia a una minima disposizione, con l’esenzione dal peccato mortale. Perfino un testimone non sospetto, l’arcivescovo di Monaco, Döpfner, ha assicurato che molti oggi vanno alla comunione come a prendere l’acqua santa.
Lo spirito di penitenza è cessato da molto tempo, e non ultima causa è la demolizione della disciplina penitenziale. Nella chiesa dei gesuiti di Coblenza ‑ Coblenza prima era una città cattolica eminente ‑ il numero delle confessioni in pochi anni è passato da settantamila a ventimila. Questo avviene nel preciso momento in cui l’immoralità, specialmente nel campo sessuale, è fortemente aumentata. E per questa condotta i teologi cattolici, specialmente i moralisti, creano la buona coscienza per gli uomini! Essi ribassano le esigenze morali, scambiano l’Iddio vivo e vero con quello costruito dai loro pensamenti.
La gioia infantile tra i cattolici tedeschi è spaventosamente diminuita. Di questo è responsabile, per una parte notevole, l’edonismo sessuale al quale certi teologi morali con la tolleranza dei vescovi hanno assegnato una patente di franchigia. L’epidemia delle separazioni prende i cattolici con sempre maggior forza. Del tutto comune è fra i cattolici l’aspirazione al piacere, al godimento e alle soddisfazioni in una misura preoccupante al posto del compimento del dovere, della rinuncia e dell’autosacrificio.
Del tutto allarmante è la situazione nel campo della cura d’anime giovanile, anche se certamente ci sono ancora oggi pastori di anime che curano con zelo e nel modo giusto la gioventù.
Cause del regresso nella frequenza alla chiesa.
Tra le cause più determinanti dell’allontanamento dei fedeli vanno indicate l’introduzione del culto interconfessionale e la depravazione della predicazione cristiana.
Quando i frequentatori della chiesa sono oltraggiati dal pulpito, quando gli atei vengono loro presentati come modelli, quando un umanesimo universale sostituisce l’Evangelo e le verità della fede vengono apertamente negate, allora simili comportamenti con l’andare del tempo scuotono la pazienza anche dei migliori cattolici, per tacere dei molti che frequentano il culto non per i motivi più alti.
Una responsabilità non meno lieve, secondo il May, spetta alla riforma liturgica per aver lasciato briglia sciolta al dilagare degli esperimenti di ogni genere. La cosa più sacra che la Chiesa possiede, l’Eucaristia, è diventata un campo di giostra di ideologi e fanatici tra la costernazione e la dolorosa sorpresa dei fedeli. Anche l’abbandono del canto gregoriano, della lingua latina e della musica ecclesiastica ha avuto il suo peso. Si è ridotti, lamenta May, che la notte di Natale le pastorali le cantano ora solo i protestanti.
Ma vi sono altre cose e ben più gravi in questo processo di sfacelo della vita cristiana.
May ricorda i matrimoni misti in crescendo8 e il ribasso dei cattolici attivi, di quella generosa riserva di collaborazione all’apostolato gerarchico da parte dei laici: mai si è tanto parlato dell’apostolato dei laici come oggi, eppure mai si è visto un ribasso dei cattolici attivi come oggi.
Al posto della preghiera discussioni su discussioni nelle assemblee ‑ anche episcopali ‑ con perdita di tempo e di prestigio spirituale.
I cosiddetti sinodi comunitari, come è riconosciuto, mostrano un fiasco completo. Essi fanno sprofondare il cattolicesimo tedesco ancor più in basso di quanto non fosse prima. In essi sfociano le tendenze distruttive di una teologia che è abbandonata dal buono spirito. Il fatto che un dotto come Hubert Jedin abbia rifiutato la chiamata nel sinodo, il fatto che Paul Mikat e Joseph Ratzinger l’abbiano abbandonato, mi sembra molto significativo.
La legge appoggia le buone forze dell’uomo, perciò va conosciuta e rispettata. I progressisti non conoscono il cosiddetto uomo moderno in generale di cui tanto parlano e scrivono. Una Chiesa che tace del peccato, del giudizio e dell’inferno, che non annunzia neppure la maestà di Dio né insegna il timore di Dio; una Chiesa di cui non si vede l’onore dell’eternità…, questa Chiesa è perduta. Per compiti umanitari e per un pizzico di sfondo religioso della vita, non c’è comunque bisogno della Chiesa cattolica.
D’altronde è anche falso che, allo scopo di attirare gli uomini, si debba dare la prevalenza alle esigenze per ragioni tattiche, come pensa il card. König. Questo per May è falso due volte. Le richieste della Chiesa non possono motivarsi con ragioni tattiche, ma devono venire dalla propria essenza. Esse non devono essere mezzo di calcolo politico. Quando i pastori della Chiesa torneranno a fare proprio il motto del card. von Galen, «Nec laudibus nec timore», quando essi guarderanno alla croce, allora essi cominceranno a riprendere la propria credibilità.
In conclusione: la Chiesa si trova coinvolta in una crisi di dimensioni enormi. Non ancora tutti i responsabili hanno preso coscienza della tremenda serietà della situazione. Molti ‑ e quanti! ‑ si consolano ancora con i resti di una vita religiosa che essi non hanno suscitata ma ricevuta. Una pietra, esposta a lungo ai raggi del sole, si mantiene per un certo tempo calda, anche dopo che il sole è tramontato. Nel cattolicesimo tedesco c’è ancora qualche forza e qualche vita create dalle precedenti generazioni di laici e sacerdoti. Di questo capitale si nutre ancora il progressismo. Ma che sarà quando esso sarà completamente in rovina?
La ricostruzione.
Si domanda poi il May, avviandosi alla conclusione: come deve cominciare la riforma? E risponde che essa va fatta anzitutto nelle singole persone e in piccoli gruppi che zelino l’onore della casa di Dio. Lo splendore del loro zelo accende altri: si genera un movimento, una corrente, una tempesta. E l’anima di tutti è lo Spirito di Dio. Poiché si distinguono dagli altri, si produce un conflitto con lo statu quo. Nel clero e nel popolo un po’ alla volta si genera un ampio movimento… che crea un’atmosfera, un clima. L’autorità in principio contrasta, poi si unisce.
Quando la riforma ha elaborato le istanze giuridiche della Chiesa, cerca di stabilirle e istituzionalizzarle, e questo avviene con il diritto. Volontà di riforma e stima dell’ordine giuridico ecclesiastico sono inscindibili.
Ma come attuare la vera riforma delle anime?, si domanda il May.
In primo luogo. La «prima» cosa necessaria, risponde, è la nostra personale conversione. Poiché la rovina è venuta dal clero, dal clero deve venire la guarigione e la salvezza. Santificazione personale. A molti di noi manca la forza verso noi stessi. Noi siamo troppo figli del nostro tempo molle, molliccio e rammollito. Il benessere a molti di noi non ha fatto bene. Il piacere della tavola, del bere, del fumare, dei viaggi, forse anche piaceri più pericolosi minacciano di toglierci la libertà.
In secondo luogo. Il popolo fedele, ma anche molti nostri confratelli, anzi molti vescovi e la Sede Apostolica devono essere illuminati sulla situazione reale. Riconoscere che siamo fuori strada.
In terzo luogo. Si tratta che il nostro primo dovere come sacerdoti è quello di portare gli uomini a Dio.
In quarto luogo. Unire i benpensanti in un’azione comune e istituire a questo scopo circoli di sacerdoti e laici. Egli segnala in questa linea la conferenza del card. Höffner: Il sacerdote nella società permissiva.
In quinto luogo. Fare il possibile per influire sull’ambiente, con la stampa e la pubblicità, contro un cristianesimo di sagrestia, pigro e retrogrado.
In sesto luogo. Impegnarsi a riformulare con chiarezza l’antica fede, secondo il Credo di papa Paolo. Deve finire la confusione, se si vuole resistere contro il mondo!
In settimo luogo. Attuare una condotta illuminata verso l’autorità, tenendo presente la constatazione che viviamo in un’epoca di mancanza di guida.
E il May non manca di accennare alla delicata posizione del Papa. Il Papa, egli osserva, ha senza dubbio in molte occasioni difeso la retta fede; sulla sua ortodossia in generale non ci può essere alcun dubbio. Ma con i discorsi soltanto, così sembra, oggi non si fa molto. Oggi servono soltanto i fatti, fatti energici e, se necessario, senza riguardi. I discorsi belli e innumerevoli da parte dei pastori sono sterili se non sono seguiti dai fatti: se cioè le cause della confusione, che essi vogliono denunziare, non sono rimosse. E si dica ai vescovi questo: chi non spegne un piccolo incendio, si aspetti un grande fuoco. Molti vescovi si lasciano influenzare dalla base. Un esempio: nell’ultima adunanza del sinodo dei vescovi fu affermato senza smentita che il Papa avrebbe concesso libertà di consacrare preti uomini sposati, se il sinodo si fosse pronunciato a maggioranza. La decisione [contraria] del sinodo9 si deve a uomini come Alfred Bengsch e Joseph Höffner.
Così per le conferenze episcopali, le quali seguono per lo più coloro che parlano più forte, cioè i teologi progressisti e il loro seguito. A questo modo si ha l’impressione che la Chiesa stabilisca un premio per la contestazione.
Conclusione.
La Chiesa si trova senza dubbio in una situazione di emergenza. Quando ci si trova in una situazione di emergenza ‑ per parlare con il generale supremo Beck, uno dei principali congiurati del 20 luglio ‑ si devono usare mezzi insoliti: quindi, i cattolici responsabili devono porre mano a mezzi insoliti. Nei casi in cui la guida della Chiesa si lasciasse convincere dai progressisti, per debolezza o viltà in modo clamoroso, a decisioni e leggi dannose, non ci si deve aspettare secondo il mio consapevole giudizio l’obbedienza. Quando si garantisce l’ingresso alla distruzione nella Chiesa, l’opposizione non solo è permessa, ma è un sacro dovere.10 Per il May quindi, e non per lui soltanto, la situazione attuale nella Chiesa è di estrema gravità e si trova ai limiti della rottura.
Il cristiano, conclude il May, che crede fermamente nella in indefettibilità della sposa di Cristo, crede sempre che le porte degli inferi non prevarranno. Egli cerca, concludiamo noi, di operare con fervore per la verità nella carità e sperando in umiltà «…fiso guardando pur che l’alba nasca».11
1 A questo proposito l’A. rimanda ai saggi pubblicati nella rivista «Criticon», nella rivista «Fels» e anche alla grande recensione alle Theologische Schriften de Rahner (in «Theologisches», 28, agosto 1972, pp. 530-542).
2 L’A. tocca la crisi del clero oltre che nei due saggi già citati anche in Bemerkungen zu der Priesterfrage in der Gegenwart, in «Theologisches», febbraio 1973, coll, 736-740.
3 Il May rimanda qui a una sua pubblicazione del 1965 sull’argomento (vedi anche più sotto, p. 304, nota 8).
4 Corsivo del traduttore.
5 L’A. rimanda al suo libro Passaggi e conversioni, del 1967.
6 In Italia si sono buttute a capofito nelle pubblicazioni e traduzioni delle teologie progressiste specialmente alcune case editrici (Queriniana di Brescia, Edizioni Dehoniane di Bologna, Vallecchi di Firenze, Edizioni Paoline di Roma, Gribaudi di Torino, La Cittadella di Assisi, ora anche Città Nuova di Roma…
7 A questo proposito il May riferisce un episodio del sagrestano di una grande chiesa protestante di Turingia: «Come mai avute costruito una chiesa così grande?». Risposta: «Signore, questa chiesa prima era piena. Venne un pastore di Greisfswald e disse: “Gesù era figlio di Dio”. Poi venne uno da Rostock e disse: è “Gesù era un semplice uomo!”. Infine venne uno da Tubinga e disse: “Gesù non è mai esistito”. Allora la gente ha detto: “Se neppure i pastori vanno d’accordo su ciò che si deve credere, allora non c’è più ragione di venire in chiesa”».
8 Cfr. su questo arduo argomento, che per il May è di importanza primaria nei Paesi di religione mista, il suo studio: Die Mischehenfrage auf der ersten Generalversammlung der Bischofsinode, in «Oesterreichisches Archiv für Kirchenrecht», 3, 1970, pp. 233 ss. Cfr. anche i volumi: Katholische Kindererziehung in der Misckehe, Paulinus-Verlag, Treviri 1965; Mischehe heute, Mainz 1970.
9 Il terzo sinodo dei Vescovi (ottobre 1971), malgrado le forti pressioni anticelibatarie che si annunziavano dentro e fuori di esso, ha confermato la legge dei celibato dei sacerdoti allineandosi risolutamente alla mens ben conosciuta del Pontefice.
10 Ovviamente, secondo tutto el contesto di questo e di altri articoli, l’A. si riferisce qui alla eventuale deviazione e aberrazione delle guide di Chiese particolari non al romano Pontefice che egli ha indicato difensore strenuo dell’ortodossia e della disciplina e vittima spesso delle resistenze di rappresentanti dell’episcopato e perfino di qualche conferenza episcopale.
11 Par. XXIII, 9.
Si encuentras un error, por favor selecciona el texto y pulsa Shift + Enter o haz click aquí para informarnos.